Gli Hikikomori sono giovani tra i 15 e i 25 anni, soprattutto maschi, che vivono un profondo disagio di tipo sociale, dovuto alla difficoltà ad adattarsi alla società contemporanea e al contesto dei coetanei.
La loro è essenzialmente una condizione di completo ritiro sociale. Il termine “Hikikomori” significa, infatti, “stare in disparte” e può riguardare un periodo temporale che va da alcuni mesi fino a diversi anni. Si tratta di ragazzi che abbandonano la scuola, gli amici, le attività al di fuori delle mura di casa e passano mesi o anni a casa e, nei casi più gravi, chiusi in camera da letto.
I principali sintomi che caratterizzano questi ragazzi sono:
- maggior parte del tempo passato all’interno delle mura domestiche;
- nessun interesse ad avere contatti esterni con amici o colleghi;
- mancanza di coinvolgimento in attività esterne, come scuola o lavoro;
- durata del ritiro sociale non inferiore ai sei mesi;
- negatività nei confronti della società e, quindi, rifiuto a farne parte.
QUALI POSSONO ESSERE LE CAUSE?
Trattandosi di un fenomeno molto diffuso, le cause possono essere diverse. La principale è la pressione di realizzazione sociale e la conseguente ansia del giudizio vissuta da questi ragazzi.
È possibile suddividere le cause più comuni in 3 grandi categorie:
1) Scolastiche: si tratta di situazioni legate al bullismo, una dinamica sociale di gruppo che viene esercitata da chi è più forte verso chi è più debole e introverso. Spesso, infatti, gli Hikikomori sono vittime di bullismo e non riescono ad integrarsi tra i propri coetanei. Di conseguenza, finiscono per abbandonare e sviluppare una sorta di colpevolizzazione verso la scuola e gli insegnanti, visti spesso come incapaci di tutelare le fragilità individuali degli studenti.
2) Familiari: vi sono alcune dinamiche familiari che favoriscono questo fenomeno. Spesso la mamma è iperprotettiva, con un approccio ansioso e oppressivo che tende a disincentivare l’indipendenza del figlio. Il papà, al contrario, è una figura più assente dal punto di vista emotivo, che fatica a legare con il figlio e tende a scoraggiare l’espressione emotiva. Il figlio sviluppa, quindi, un rapporto morboso e conflittuale con la madre e un rapporto nullo o di scontro con il padre. Spesso i genitori di un Hikikomori sono eccessivamente protettivi ed esercitano pressioni sul figlio riguardo al suo futuro: è un’ansia che la famiglia proietta involontariamente o volontariamente sul ragazzo. Infatti, spesso gli Hikikomori sono figli di genitori benestanti e altamente scolarizzati.
3) Individuali: sono ragazzi già di per sé ansiosi, fragili, insicuri, sensibili e molto intelligenti. Provano una profonda paura di essere giudicati e di non essere uguali agli altri. Sentono una forte pressione a dover aderire a un modello sociale di successo e questo li porta a rinchiudersi nella propria casa in cui non si può essere visti e, quindi, giudicati.
Inoltre, la nostra cultura richiede di essere costantemente performanti, creando in alcuni individui paura, solitudine e angoscia. Per questo, gli Hikikomori, ritirandosi, provano inizialmente sollievo per essersi sottratti dal giudizio degli altri. Ma questa sensazione dura poco tempo, perché nel momento in cui nasce in loro il timore di non riuscire più ad uscire da questa situazione, emergono inevitabilmente in loro sentimenti depressivi.
PREVENIRE
La prevenzione è fondamentale! Un segnale molto preoccupante è il fatto di stare molto meglio isolati che fuori dalla propria casa. Questa condizione, infatti, può rappresentare un campanello di allarme rispetto al fatto che nella normalità si vivono delle pressioni che non si riescono ad affrontare. Sensibilizzare su questo problema aiuta i professionisti e gli insegnanti che si trovano spesso a contatto con i genitori a non sottovalutare i segnali e a non confonderli con altri atteggiamenti tipici dell’adolescenza. La scuola ha un importante ruolo di prevenzione: quando un ragazzo esprime il desiderio di abbandonare la scuola capita che gli insegnanti non si mostrino disponibili ad aiutarlo, ma al contrario tendono a favorire la cronicizzazione dell’isolamento. È, invece, molto importante attivarsi il prima possibile per supportare i giovani in difficoltà: più passa il tempo, più il disagio relazionale aumenta e cresce l’ansia di non poter più recuperare il tempo perso.
COME AIUTARE QUALCUNO CHE VIVE IN QUESTO MODO?
Il problema principale nell’aiutare gli Hikikomori è che spesso non accettano e non chiedono aiuto. Le ragioni risiedono nel fatto che non credono che qualcuno li possa aiutare o pensano di essere irrecuperabili. Perciò la maggior parte delle volte le richieste di aiuto partono dai genitori. Una possibile forma di sostegno per loro sono i gruppi di auto aiuto. Altri interventi possono essere quelli domiciliari con psicologi oppure terapie online e gruppi online anche per i ragazzi. Lavorare con i genitori è utile per eliminare alcuni comportamenti disfunzionali messi in pratica loro stessi e favorire la ricostruzione dell’alleanza tra genitore e figlio. Una volta che si è ricostruita l’alleanza, convincere il ragazzo ad accettare un aiuto educativo o psicologico (anche a casa) sarà più facile per i genitori. È importante, quindi, coinvolgere il ragazzo all’interno di un intervento multidisciplinare, utilizzando un approccio sistemico che operi anche sulla famiglia e sulla rete sociale.
Camilla Roviglioni
Centro Studi Famiglia
Fonti:
Ministry of Health, Labour & Welfare (2003), “Community mental health intervention guidelines aimed at socially withdrawn teenagers and young adults”, Tokyo, Ministry of Health, Labour & Welfare.
Kato T.A., Kanba S. & Teo A.R. (2019), “Hikikomori: Multidimensional understanding, assessment and future international perspectives”.
Kasumata M. (2014), “Hikikomori: a qualitative study on social withdrawal of japanese adolescents”.
Illiano C. (2019), “L’intervento psicoeducativo domiciliare per hikimori: progetto sperimentale in Lazio”.
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