La mindfulness è una pratica dalle origini antiche che affonda le sue radici nelle tradizioni contemplative buddiste, ma che trova applicazioni attuali negli ambiti più disparati a partire da quello clinico, nella gestione del dolore cronico o delle sofferenze psicologiche, per arrivare a quello aziendale e dello sport.
Il suo fondatore, Jon Kabat-Zinn, la definisce come il “prestare attenzione in modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante” (Kabat-Zinn, 1994).
È complesso arrivare a una definizione che sia comprensiva di ogni aspetto di questa pratica, che si caratterizza sia come un atteggiamento, uno stato mentale di attenzione nei confronti del presente, ma si compone anche di diversi strumenti. Possiamo immaginarla come una cassetta degli attrezzi che possono essere utilizzati in sinergia per raggiungere uno scopo comune: essere presenti, individuare i propri automatismi (ovvero tutti quegli schemi mentali che vengono messi in atto senza che ci si accorga), individuare pensieri e giudizi verso sé stessi e verso gli altri e sospenderli, coltivando compassione, sono solo alcuni degli obiettivi che ci si prefigge. Imparare a sentire il corpo e le emozioni, non solo quando estremi, ma percependo anche tutte le sensazioni che non si collocano all’estremo nel continuum tra dolore e piacevolezza. Riuscire a godere di tutto il ventaglio esperienziale significa essere maggiormente padroni del proprio corpo e della propria mente, significa poter scomporre la sensazione che si sta percependo senza la necessità di categorizzarla e giudicarla, ma semplicemente osservandola. E, soprattutto, osservare significa poter sospendere per un attimo il giudizio e orientare le proprie scelte in una direzione più consapevole.
Tra gli strumenti che vengono utilizzati per perseguire questi obiettivi, ricordiamo la meditazione sul respiro, che si focalizza sulla percezione dell’aria che entra ed esce dal corpo, riuscendo a rimanere concentrati sul momento presente; il body scan, che consiste nella percezione progressiva di ogni parte del corpo e delle sensazioni da esso provenienti e la meditazione camminata che consente di spostare il focus attentivo sulle sensazioni provenienti dalla pianta dei piedi e sulla capacità di stare in equilibrio.
Nonostante la mindfulness si componga di così tanti aspetti e strumenti, John Kabat-Zinn ha individuato Sette Pilastri che la caratterizzano e sulla quale essa si fonda:
Non giudizio: l’idea di non emettere giudizi è un’utopia, in quanto si tratta di una caratteristica intrinseca della mente umana. La sospensione del giudizio si caratterizza come capacità di osservare questa attività della mente, cercando di mantenere la posizione di testimone imparziale e non reprimendo l’emersione dei giudizi, ma rendendosene conto e imparando a riconoscere le operazioni automatiche svolte dalla mente.
Pazienza: il desiderio di ottenere dei risultati immediati può condurre ad una condizione di ruminazione e rabbia. Kabat-Zinn per esplicare il concetto di pazienza fa riferimento all’esempio del bambino e della crisalide: se il bambino, preso dalla brama di vedere la farfalla, aprisse la crisalide prima del tempo necessario, non potrebbe soddisfare il proprio desiderio di vederla, né aiuterebbe la farfalla stessa (Rainone, 2012). Al contrario, bisogna saper essere pazienti, accettando e comprendendo che le cose hanno il loro naturale tempo di maturazione.
Mente del Principiante: saper vivere l’esperienza con “occhi sempre nuovi e con mente fresca, attenta alle novità e orientata più al presente che al passato” (Chiesa, 2011). Si tratta di un’attitudine tramite la quale non ci si lascia condizionare dai pregiudizi elaborati in passato, ma ci si rende disponibili ad osservare con uno sguardo attento, come se ci si approcciasse ad ogni aspetto della realtà per la prima volta.
Fiducia: la fiducia nelle proprie intuizioni e sensazioni permette di sentirsi maggiormente liberi dai propri condizionamenti e di assumersi responsabilità delle proprie scelte.
Non cercare risultati: la pratica della consapevolezza non si pone come obiettivo quello di rilassarsi o di rimuovere fastidi fisici o pensieri disturbanti. Il benessere che viene raggiunto grazie alla pratica è un effetto secondario, ma non ci si pone alcun fine, se non quello di focalizzarsi sul presente e accorgersi del funzionamento della propria mente.
Accettazione: non si tratta di assumere un atteggiamento passivo, arrendendosi a qualsiasi evento e rinunciando alla propria capacità di incidere sulla realtà. Si tratta piuttosto della conquista di una nuova competenza: riconoscere le cose così come sono nel momento presente, evitando di forzare le situazioni e le relazioni ad essere come si vorrebbe che fossero. Accettare significa riuscire ad avere una visione più chiara delle situazioni.
Lasciar andare: quest’ultimo pilastro si collega al concetto di non attaccamento. Come durante la pratica si evita di trattenere un pensiero, che sia negativo o positivo, allo stesso modo, nella quotidianità, bisognerebbe evitare trattenere emozioni e pensieri o respingerli eccessivamente. La mindfulness non è caratterizzata solo da pratiche strutturate e guidate, ma anche da tutte quelle che vengono definite pratiche informali. Quest’ultime consistono nel trasformare delle attività quotidiane, come bere il caffè al mattino, in momenti di consapevolezza, ai quali si dedica attenzione. Pertanto, la consapevolezza può essere coltivata ed esercitata in qualsiasi momento della giornata: quando si cammina, quando si ascolta qualcuno, quando si lavora.
L’esercitarsi, in una combinazione di pratiche formali (la meditazione sul respiro, la meditazione camminata e altre sopracitate) e informali, permette di inserire nella propria routine dei momenti in cui ci si dedica interamente a sé stessi e al proprio benessere con delle importanti ripercussioni sul proprio modo di percepire sé stessi, gli altri e il mondo circostante.
Chiara Carturan
Centro Studi Famiglia
Fonti:
Chiesa, A., (2011). Gli interventi basati sulla Mindfulness. Cosa sono, come agiscono, quando utilizzarli. Roma: Giovanni Fioriti.
Kabat-Zinn J (1994). Wherever you go, there you are: mindfulness meditation in every day life New York: Hyperion.
Rainone, A (2012). La Mindfulness. Il non fare, l’accettare e il fare consapevole. Cognitivismo Clinico, 9 (2).
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