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Eleonora Tramonte

REALTA' E METAVERSO SONO DUE MONDI COSI' LONTANI? APPLICAZIONI PRATICHE IN AMBITO EDUCATIVO

Aggiornamento: 25 nov 2022

Ultimamente se ne sente sempre più spesso parlare, ma che cos’è esattamente il “Metaverso”?Scopo di questo articolo non è quello di definire scientificamente questa realtà, che sempre più occupa spazio nella nostra vita, ma è necessario comprendere di cosa si tratta per poter affrontare le implicazioni che potrebbe avere in ambito educativo.


“Metaverso” non è un termine nuovo, tuttavia è diventato sempre più virale da quando Zuckerberg, il fondatore di Facebook e acquisitore di WhatsApp, Instagram e Oculus, ha deciso di avviare un progetto che prevede l’utilizzo del metaverso per sviluppare un nuovo strumento lavorativo con l’obiettivo di rendere più interattive le riunioni aziendali. Si potrebbe pensare che il metaverso andrà a sostituire internet, ma non è così, non si tratta di una sostituzione ma di una sua inevitabile evoluzione; inevitabile perché la tecnologia avanza rapidamente e il progresso della realtà virtuale è sempre più pressante sulla vita social.


Ma quindi cos’è?


È un insieme di spazi virtuali attraversati da avatar, una specie di Agorà virtuale in cui ognuno partecipa tramite un personaggio creato a sua discrezione e che gli permette di giostrarsi tra questi spazi, di fatto partecipando alla vita sociale nel metaverso. Potremmo quindi definirlo un mondo virtuale parallelo? Sembra proprio di sì, perché si tratta di un vero e proprio universo digitale nel quale si potranno trovare molte delle attività che facciamo quotidianamente come riunioni, allenamenti, attività del tempo libero, ma anche concerti, sport e addirittura viaggiare tramite il solo utilizzo di un visore 3D, comodamente dal nostro divano.


Al di là delle argomentazioni che si potrebbero portare su quest’ultimo tema, che probabilmente suscita reazioni differenti in ognuno di noi, quali applicazioni potrebbe avere concretamente uno strumento del genere in ambito educativo?


Così come si può sfruttare per fare riunioni di lavoro e partecipare a convegni, il metaverso ha una sua applicabilità anche nella scuola: laboratori, simulazioni, lezioni pratiche. Pensiamo alla scuola dell’obbligo: poter visualizzare i contenuti delle materie potrebbe non solo essere d’aiuto a comprendere e creare nella propria mente una rappresentazione più lucida di quanto studiato, ma favorirebbe anche quei soggetti con uno stile di apprendimento visivo che in questo momento si trovano a dover studiare fiumi di parole sui libri. Ma facciamo un passo in più, pensiamo all’università: quante volte gli universitari si sono lamentati della mancanza di lezioni pratiche? Gli universitari escono dall’università pieni di conoscenze teoriche ma nel mondo del lavoro si sentono allo sbaraglio, nessuno che abbia insegnato loro ad applicare quelle conoscenze, quelle teorie. Pertanto, il metaverso potrebbe diventare un laboratorio pratico per tutte quelle discipline che richiedono un’esperienza che non è ottenibile direttamente: pensiamo a medicina, veterinaria e psicologia, per esempio. Oppure a quelle che trattano concetti astratti come fisica, matematica, scienze naturali ; o, ancora architettura, biologia, chimica, ingegneria. Cosa dire poi di tutte quelle professioni che includono nella formazione un monte ore elevatissimo di simulazioni, come i piloti di aerei; sfruttando il metaverso ci sarebbero meno costi e più disponibilità di formazione in quanto è sufficiente avere un computer o uno smartphone, una connessione a internet, una porta di accesso e un visore 3D.


Si può fare anche un altro tipo di riflessione. Il livello di dropout dal sistema scolastico è in aumento, un po’ per motivi di crescente disagio psicologico, un po’ per mancanza di fiducia nel sistema scolastico o per mancanza di competenze adeguate. E se l’utilizzo del metaverso a scopi educativi potesse contribuire in parte alla risoluzione di questo problema?


Per quanto riguarda il disagio psicologico, la DAD ha in parte contribuito ad aumentarlo (come per la depressione), ma in alcuni casi ha provveduto a diminuirlo (come per l’ansia sociale). Se pensassimo il metaverso come una sorta di DAD avanzata, che permetta la partecipazione alle attività scolastiche e sociali pur consentendo agli allievi di sentirsi protetti, diminuendo di conseguenza l’ansia sociale, avremmo la possibilità di sfruttare i vantaggi della DAD ovviando alle problematiche a cui siamo andati incontro durante la pandemia. Senza dimenticare che non andrebbe a sostituire la scuola in presenza, ma piuttosto ad integrarla. Si tratterebbe quindi di un modello ibrido, come quello sperimentato in Corea del Sud. Per poter integrare il metaverso nell’educazione sarebbe necessario un processo di riforma del sistema scolastico che potrebbe indirettamente risolvere alcuni aspetti inerenti la mancanza di fiducia e di competenze.


Insomma, le possibilità che abbiamo davanti sono praticamente infinite, ma come sempre c’è l’altro lato della medaglia. L’essere umano sarà in grado di rispettare questa possibilità ed utilizzarla eticamente? Oppure la sua comodità intrinseca porterà ad un utilizzo improprio e pericoloso per l’intelletto e per la salute?


I rischi a cui andiamo incontro, infatti, non sono banali. La realtà virtuale è essa stessa un paradosso: definiamo reale qualcosa di concreto, tangibile e che esiste in quanto “è”; mentre il virtuale è qualcosa di invisibile, che indica possibilità, ciò che “potrebbe essere”. Di fatto i due termini sono contrapposti eppure in questo caso vengono usati insieme: questo non potrebbe confondere? Con l’avvento e la diffusione dei social siamo sempre più esposti a realtà distorte, create e studiate per piacere e guadagnare follower, su cui non portiamo quella parte di realtà che mette in luce i difetti, le aree che sentiamo di dover nascondere. Queste distorsioni penalizzano i giovani fragili che cercano il confronto, e puntualmente “perdono” contro le vite perfette dei loro idoli o dei loro pari sui social media.


Pensiamo ora ai risvolti che una realtà digitale parallela può avere: il nostro esame di realtà ne uscirebbe intatto oppure i nostri contatti con il mondo si sgretolerebbero? Il rischio di perdere contatto con il reale è elevato, ma non solo, anche i sintomi ansiosi e depressivi non sarebbero risparmiati; anzi, sarebbero ampliati, soprattutto nelle situazioni di ritiro sociale, dove appunto potrebbero aumentare l’aspetto di ansia e ritiro fobico nei confronti della realtà fisica.


Quindi, gli aspetti positivi e di possibile sviluppo sono sì molteplici, ma non bisogna dimenticare tutte quelle situazioni che invece subirebbero danni dall’uso intensivo e non consapevole di questi strumenti. Il progresso tecnologico è sempre più rapido e l’essere umano non riesce a stare al passo. È imprescindibile fare un’analisi delle conseguenze dello sviluppo della tecnologia senza sottovalutare il rischio di indurre dipendenza.


Eleonora Tramonte

Centro Studi Famiglia


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