In Italia, all’interno degli edifici scolastici, l’educazione affettiva è consigliata ma non è obbligatoria. La scuola è il luogo più frequentato da bambini e ragazzi e, ponendosi come istituzione educativa, ricopre un importante ruolo nel proporre programmi di educazione affettiva e sessuale.
I ragazzi, entrando nella fase preadolescenziale/adolescenziale, sentono la necessità di avere informazioni e di dialogare riguardo queste tematiche.
Il canale più immediato che hanno a disposizione è internet, contenente una grande quantità di informazioni, spesso erronee e non calibrate all’età (e quindi alla capacità cognitiva) di chi ne sta usufruendo. Inoltre, il libero accesso a contenuti pornografici avvicina l’adolescente ad una vastità di comportamenti sessuali che rischiano di far concepire la sessualità come un insieme di atti fisici che non comprendono il mondo interiore della persona. Infatti, l’educazione affettiva, per poter integrare tutti gli aspetti che il mondo della sessualità contiene, deve poter includere non solo il comportamento sessuale, ma anche gli aspetti emotivi, affettivi, cognitivi e relazionali.
Spesso nei programmi di educazione affettiva, vi è un grande focus sulle malattie sessualmente trasmissibili e sulla protezione dalle gravidanze indesiderate, aspetti che possono dare un’impressione negativa e di paura nell’avvicinarsi alla sessualità.
Al contrario, un tipo di educazione sessuale olistico (cioè capace di integrare questi numerosi aspetti) permette di intendere la sessualità come un elemento positivo della vita dell’essere umano.
La libertà di scegliere come vivere la propria affettività deriva da una conoscenza di se stessi, delle proprie emozioni, del funzionamento del proprio corpo. La sessualità implica dinamiche relazionali che in adolescenza non sono sempre facili da gestire, poiché sono associate ad una capacità di ascoltare noi stessi e di riconoscere gli altri come persone, rispettandole nella loro integrità.
I programmi di educazione affettiva hanno quindi il difficile compito di includere tutti questi aspetti e di aprire un dialogo e uno spazio di riflessione con gli adolescenti su tematiche che spesso faticano ad emergere con gli adulti ma che inevitabilmente essi stanno già vivendo sulla loro pelle.
Infatti, come affermano Giommi e Perotta (1992):
“I genitori e gli adulti hanno spesso scelto il silenzio su questo argomento, senza considerare che il silenzio è esso stesso un modo di comunicare, che, proprio per il fatto che “di sessualità non si può parlare”, crea censure e tabù e condiziona in senso negativo i processi di crescita. Approfittando del silenzio degli adulti, prendono voce, al contrario, i cento messaggi del mondo esterno che facilmente passa contenuti e informazioni sbagliate, paurose e straordinarie.”
Cosa fare con gli adolescenti come adulti di riferimento (genitori, insegnanti, educatori etc.)?
- Parlare e comportarsi come un adulto (non fare gli amici/né mettersi in competizione)
- Stimolare i punti di forza presenti (la curiosità, gli interrogativi etc.)
- Aiutare a utilizzare il giudizio (non dire noi ciò che è giusto/sbagliato)
- Rispettare la loro necessità di privacy (alcune questioni che emergono non possono essere trattate davanti ai coetanei)
Cristina Costanzi, Elisa Di Gregorio
Centro Studi Famiglia
Fonti
Giommi, R., Perrotta, M. (1992). Programma di educazione sessuale. Arnoldo Mondadori Editore: Milano.
www.stateofmind.it/2018/10/educazione-sessuale-adolescenti/
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