“E se sbaglio tutto?”: quando l’ansia da prestazione diventa un problema
- Carlo Trionfi
- 13 giu
- Tempo di lettura: 3 min
Nella vita quotidiana capita a tutti di pensare a eventi futuri, soprattutto quando si tiene a fare bella figura o a ottenere un buon risultato. Moderati livelli di ansia anticipatoria possono persino motivarci a migliorare la nostra preparazione. Tuttavia, quando questi pensieri diventano persistenti, costanti e difficili da controllare, rischiano di diventare un problema.
L’ansia da prestazione si manifesta attraverso la preoccupazione sproporzionata di non essere all’altezza, di fallire o di deludere le aspettative, ancora prima di affrontare il compito in questione. È una forma di ansia che si nutre di scenari ipotetici negativi in cui ci si concentra in modo ossessivo su ciò che potrebbe andare storto, sottovalutando le proprie capacità e risorse.
Come si manifesta?
Chi soffre d’ansia da prestazione, vive le situazioni di performance come se fossero un banco di prova in cui l’errore equivale ad un fallimento totale. In questo modo si crea un circolo vizioso in cui più si teme l’errore, più l’ansia aumenta e compromette la performance, più vengono confermati i timori iniziali.
Essa coinvolge 3 aree:
Cognitiva: presenza di pensieri disfunzionali e autosvalutanti come “farò una figuraccia”, “non sono abbastanza bravo”, “tutti penseranno che non sono all’altezza”.
Fisica: nausea, battito cardiaco accelerato, sudorazione eccessiva, senso di vuoto, mal di pancia.
Comportamentale: evitamento della situazione ansiogena, procrastinazione, performance inferiori alle effettive capacità
L’ansia da prestazione è il risultato di un intreccio tra fattori psicologici, sociali e culturali. Tra i principali fattori causali vi sono:
Perfezionismo disfunzionale in quanto impone aspettative alte e irrealistiche, per cui qualsiasi risultato che non sia “perfetto” viene percepito come un fallimento. Questo crea una pressione enorme per cui sbagliare diventa intollerabile, portando alla paura anticipatoria “E se sbaglio?” che si trasforma in ansia da prestazione.
Paura del giudizio: temere il giudizio altrui porta a viversi ogni performance come un’esposizione pubblica in cui essere valutato, aumentando la percezione di rischio e intensifica l’ansia.
Pregresse esperienze negative: alle sue radici ci sono spesso esperienze passate vissute come fallimenti, brutte figure o critiche umilianti, che hanno lasciato un segno emotivo profondo. Il cervello, per proteggerci, registra queste situazioni come “pericolose” e sviluppa una sorta di allerta preventiva quando ci si trova in un contesto simile.
Autostima legata al risultato: il legame tra autostima e risultato è uno dei motori principali dell’ansia da prestazione. Quando il valore personale viene “misurato” in base a ciò che si riesce a fare o ottenere, ogni prova diventa una questione identitaria e quindi non si tratta più di “fare bene” ma dimostrare il proprio valore.
Scarso senso di autoefficacia: una bassa percezione di autoefficacia attiva pensieri autosabotanti che influiscono negativamente sulla motivazione, portando a evitare le situazioni sfidanti
Come affrontare l’ansia da prestazione
Focalizzarsi sulle cose che si possono controllare come ad esempio pianificare i passaggi che consentono di raggiungere gli obiettivi prefissati. Al contrario, pensare a ciò sfugge dal proprio controllo aumenta l’ansia e distoglie dalle azioni concrete.
Ristrutturazione cognitiva: si tratta di una tecnica cognitivo-comportamentale che consiste nel prendere coscienza dei propri pensieri automatici negativi come “fallirò” e sostituirli con pensieri funzionali e realistici come “mi sono preparato”.
Visualizzazione positiva: immaginare mentalmente una performance di successo allena la mente ad un esito positivo, riducendo la paura di fallire.
Esporsi gradualmente alla situazione temuta
Mindfulness e meditazione possono aiutare la mente a restare ancorata al “qui e ora”, aumentando la consapevolezza delle proprie risorse e riducendo l’identificazione con l’ansia.
Creare una routine pre-performance: creare una sequenza di azioni, sempre uguale, prima della prestazione (per esempio stretching, ascoltare musica, respirazione) genera sicurezza e segnala al cervello che “è tutto sotto controllo”.
Conclusioni
In conclusione, l’ansia da prestazione, se moderata, può spronare a dare il meglio. Tuttavia, quando diventa eccessiva, rischia di ostacolare la performance e il benessere. Imparare a riconoscerla e adottare strategie mirate permette di gestirla e affrontare le sfide con maggiore fiducia e serenità.
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